Sostenibilità

L’Agenda 2030, la strada dello sviluppo sostenibile e gli ostacoli causati dalla pandemia mondiale

Quando nel settembre del 2015 più di 150 leader internazionali si sono ritrovati all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per definire l’Agenda 2030 e i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per contribuire allo sviluppo globale, per promuovere il benessere umano e proteggere l’ambiente, probabilmente (anzi sicuramente) non avevano messo in conto una pandemia mondiale. Che ha indubbiamente rallentato – e in qualche caso prodotto una vera e propria inversione di tendenza rispetto ai risultati raggiunti fino all’inizio del 2020 – il cammino verso l’attuazione dell’Agenda.

Che cos’è l’Agenda 2030

Ma andiamo con ordine. Che cos’è l’Agenda 2030? “Siamo tanti oggi sulla Terra, più di 7 miliardi e mezzo di persone. Ma nel 2030 raggiungeremo molto probabilmente i 9 miliardi”. Inizia così la spiegazione che Ipazia ha preparato per i bambini. Talmente bella e chiara che è più che perfetta anche per gli adulti finora a digiuno sull’argomento.

Povertà, fame, mancanza di scolarizzazione, basse possibilità di curare le malattie, donne che subiscono ingiustizie e limitazioni nelle loro capacità di lavorare e di decidere la propria vita, lavori poco dignitosi. Eppoi l’ambiente, che subisce attacchi continui con un conseguente potenziale peggioramento delle condizioni di vita delle generazioni future. Guardare avanti significa prospettare degli scenari il più delle volte privi di speranza. Per questo i Paesi dell’Onu hanno discusso quali siano le cose più importanti da fare per avere una via d’uscita e hanno individuato 17 Obiettivi da raggiungere entro il 2030, ciascuno suddiviso in traguardi più piccoli e mirati.

Una strada in salita

A più di cinque anni dall’adozione degli Obiettivi, la strada verso il loro raggiungimento non sembra facile. L’Agenda 2030 rappresenta il primo caso nella storia dell’umanità di un accordo globale per creare un futuro in cui nessuno venga lasciato indietro. Ci sono Stati che si stanno distinguendo per le proprie politiche sostenibili, mettendo in pratica modelli di sviluppo a emissioni zero, sposando scelte orientate allo sradicamento della povertà. Ma sono ancora molti i Paesi in cui i limiti sono evidenti: in termini di conflitti armati, di violenza di genere, di disuguaglianze persistenti. E tanti sono ancora quelli lontani dall’auspicata transizione ambientale, economica e sociale.

L’impatto del Covid-19 sul raggiungimento degli Obiettivi

A tutto questo nell’ultimo anno si è aggiunta la pandemia da Covid-19, che ha inevitabilmente rallentato il percorso, soprattutto perché la crisi sanitaria si è trasformata molto presto anche in crisi economica e sociale, oltre che in emergenza umanitaria. Una pandemia che comunque ha portato ulteriormente in evidenza quanto sia urgente intervenire – sia a livello di Stati che di cittadini e imprese – per cambiare radicalmente modo di affrontare la vita sul pianeta. È necessario un cambio di paradigma.

I Goal più toccati dalla pandemia (in alcuni casi stiamo assistendo a un vero e proprio arretramento della strada percorsa, più che a un rallentamento) sono senza dubbio il Goal 1 relativo alla Povertà, il Goal 4 sulla necessità di avere un’istruzione di qualità e il Goal 8, che ha come obiettivo il lavoro dignitoso e la crescita economica. Un impatto pesante anche per il nostro Paese: l’Italia infatti già prima dell’éra Covid su 166 Paesi totali si posizionava al trentesimo posto, con nessun Obiettivo completamente raggiunto, anche se in diversi Goal si iniziavano a constatare netti miglioramenti. Oggi, come viene confermato da ASviS (l’Agenzia Italiana per lo Sviluppo Sostenibile), ben nove dei diciassette Obiettivi hanno registrato un peggioramento. Fondamentale, per affrontare le principali sfide italiane, sarà l’apporto delle politiche che saranno messe in atto a livello governativo grazie alle risorse dell’Unione Europea, che rispecchiano un orientamento a favore del raggiungimento dell’Agenda.

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